Secondo
la mitologia greca le sirene erano dette Nereidi in quanto figlie di
Nereus e delle oceanine: erano ricche di fascino, grazia e bellezza;
ognuna di esse presiedeva ad un mare od a una parte dell'oceano che ne
assumeva in qualche modo la personalità, le qualità ed anche a volte
poteva rifletterne l'umore o il particolare stato d'animo.Ogni nereide
aveva la sua storia, alcune divennero famose, altre dopo varie peripezie
riuscirono ad acquistare l'immortalità. A differenza delle nereidi
Tritone, Glauco e altri mostri marini furono generati da Nettuno e
AnfitriteAncora più anticamente tuttavia le nereidi non venivano
immaginate con la coda di pesce ma come ragazze con il corpo di uccello
che, appollaiate in silenzio sulle rocce mediterranee, aspettavano il
passaggio dei naviganti e li ammaliavano con i loro dolci canti. Essi
dimenticavano mogli, figli, tutto pur di continuare ad ascoltarle:
finivano tra le onde sugli scogli dove le loro ossa restavano a
biancheggiare. Si diceva che le nereidi avessero occhi lucenti come
gemme, corpo di uccelli e artigli da rapaci.La loro origine misteriosa
veniva collegata al mito di Proserpina, la figlia della dea Cerere.
Quando Proserpina fu rapita dal dio degli Inferi, Plutone, le giovani
amiche della fanciulla che avevano l'incarico di vigilare su di lei, si
sentirono in colpa. Sognarono di avere le ali per estendere le ricerche
sul mare e, ad un tratto, videro crescere sulle loro bianche braccia,
piume dorate e poi le sentirono trasformarsi in ali. I piedi graziosi
erano diventati zampe con artigli. Solo la testa era rimasta uguale. Era
la punizione di Cerere? La madre, pazza di dolore per la scomparsa
della figlia, aveva saputo dalla fonte Aretusa, che sgorgava lì vicino,
che la figlia era ormai seduta a fianco di Plutone, nelle profondità
della terra.Le fanciulle erano state trasformate in qualcosa di
animalesco ma conservavano la conoscenza e la memoria ed avevano avuto
in dono l'eternità. Questa loro memoria sconfinata del passato le rese
insensibili ai sentimenti umani ma capaci di poteri profetici. La loro
conoscenza illimitata era per gli uomini incantatoria. Avvicinandosi
alle loro isole ( forse tra Sorrento e Messina ) i marinai avvertivano
strane vibrazioni poi voci ammalianti a cui non potevano resistere,
dovevano seguirle ed era la loro rovina. Ulisse nel suo lungo viaggio le
incontrò ma, avvisato da Circe, seppe superare i loro incantesimi.
Leggenda
La
ninfa Teti, particolarmente venerata in Tessaglia, interviene
episodicamente nelle vicende di molti mitici personaggi, ma la sua
figura è principalmente quella di sposa di Peleo e madre di Achille.Era
la più bella delle cinquanta Nereidi, le naiadi figlie di Nereo e
Doride. Poseidone avrebbe voluto sposarla e anche Zeus l'avrebbe voluta
per sé; ma siccome le Moire avevano profetizzato che il figlio di Teti
avrebbe acquistato maggiore fama del proprio padre, Poseidone rivolse le
sue attenzioni ad Anfitrite, sorella di Teti.Zeus scelse come compagna
Era e impose a Teti di sposare Peleo, il più nobile degli uomini, il
quale però faticò non poco per farsi accettare da Teti. Si appostò sulla
spiaggia di un'isoletta della Tessaglia dove la ninfa era solita
recarsi a cavallo di un delfino per riposarsi in una grotta, la assalì
appena ella si fu addormentata ed ebbe ragione di lei, nonostante che
ella si trasformasse senza posa in fuoco, acqua, leone e seppia, una
seppia che inzuppò completamente il povero Peleo con un fiotto
d'inchiostro.Per le nozze, che ebbero luogo sul monte Pelio, di fronte
alla grotta del centauro Chirone, furono organizzati festeggiamenti
grandiosi: oltre ai dodici dei dell'Olimpo assisi sui loro troni, vi
presero parte le Moire e le Muse, le cinquanta Nereidi e i Centauri che
reggevano splendenti torce di legno d'abete.In quell'occasione Poseidone
donò agli sposi i cavalli di Achille, Balio e Xanto. Erano, questi,
figli di Zefiro e dell'arpia Podarge ed erano immortali (Achille aveva
un terzo cavallo, Pedaso, ma questo mortale) e furono ripresi da
Poseidone dopo la morte di Achille.Secondo una delle leggende, Balio,
nel suo dolore per la morte di Achille, vorrebbe fuggire la società
umana, ma le Moire vogliono che serva anche a Neottolemo e lo porti più
tardi nell'Elisio. Xanto nell'Iliade (XIX, 408-417) parla ad Achille
predicendogli il destino di morte.Eris (la Discordia), sdegnata per non
essere stata invitata alle nozze, gettò sulla tavola del banchetto un
pomo sul quale era scritto "Alla più bella", che sollevò la famosa
disputa per l'assegnazione del premio, che verrà poi portata sul monte
Ida, dove Paride, figlio di Priamo, avrebbe fatto da arbitro, creando le
premesse per la guerra di Troia.Teti cercò di rendere immortali i primi
sei figli avuti da Peleo immergendone i corpi nel fuoco, ma Peleo
riuscì a sottrarle l'ultimo nato, Achille, prima che la dea completasse
il rito magico che avrebbe dovuto renderlo immortale. Uno dei talloni
del piccino si era già bruciato e il centauro Chirone, che s'intendeva
di medicina, pregato da Peleo, sostituì l'osso danneggiato, prendendo
quello corrispondente dallo scheletro del gigante Damaso, che da vivo
era stato invincibile nella corsa (ciò che spiega le doti di corridore
di Achille "pie' veloce"); il tallone di Achille però rimase
vulnerabile, a differenza del resto del corpo, perché la madre,
compiendo il suo magico rito, non aveva fatto in tempo a spalmarlo solo
in quel punto con l'ambrosia, che usava per renderlo
invulnerabile.Un'altra tradizione più accreditata e seguita dal Rubens
in un suo dipinto spiegava la vulnerabilità del tallone di Achille col
fatto che Teti, che intendeva renderlo invulnerabile immergendolo nello
Stige, e non nel fuoco, reggeva il bambino per un piede, che quindi
rimase asciutto, quando lo tuffò nelle acque del fiume infernale.Quando,
all'approssimarsi della guerra di Troia, Calcante predisse che quella
città non sarebbe stata mai presa senza la partecipazione di Achille,
Teti - per sottrarlo alla morte prematura che, come ella sapeva, gli era
riservata dal Fato - cercò di nasconderlo mandandolo a Sciro alla corte
del re Licomede e mescolandolo, irriconoscibile in abiti femminili,
alle figlie del sovrano.Ma l'astuto Ulisse smascherò l'inganno e Achille
volle partire per la guerra; per tutta la durata di essa la madre Teti
fu al suo fianco nel dargli consigli e assistenza amorosa, e gli fornì
una nuova armatura quando egli decise di tornare in campo ad affrontare
Ettore per vendicare l'uccisione dell'amico Patroclo, al quale aveva
ceduto le armi dategli dal padre Peleo.Morto Achille, Teti raccolse le
sue ceneri insieme a quelle di Patroclo in un'urna che, forgiata da
Efesto, le era stata donata per le sue nozze, e guidò l'anima del figlio
alla boscosa isola di Leuca, di fronte alle foci del Danubio. Poi si
recò nel luogo del suo primo incontro con Peleo e lo portò con sé negli
abissi, dove avrebbe ottenuto l'immortalità anche per lui. Sennonché
egli l'abbandonò per raggiungere la terra dei Molossi, dove sperava di
rintracciare Neottolemo, il figlio di Achille, e perse irrimediabilmente
quella possibilità: fece naufragio e morì presso l'Eubea.Come detto
all'inizio, ritroviamo Teti in molte altre leggende. Recò aiuto, per
esempio, agli Argonauti, guidandone la nave Argo oltre le rocce infocate
delle Simplegadi (le isole vulcaniche di Lipari) verso lo stretto di
Messina.Accolse nella sua grotta marina Dioniso che, inseguito dagli
uomini di Licurgo, re degli Edoni, si era gettato in mare. Soccorse
anche Teseo che, tuffatosi in mare per ripescare l'anello gettatovi da
Minosse (dimostrando in tal modo di essere figlio di Poseidone), non
solo recuperò l'anello, ma riemerse dalle acque con un dono in più da
parte di Teti: la corona d'oro datale come regalo di nozze da Afrodite,
che più tardi verrà indossata da Arianna.Fu ancora Teti a liberare Zeus,
che era stato legato al letto con lacci di cuoio annodati cento volte
dagli altri dei, stanchi della sua superbia: temendo lo scompiglio che
si sarebbe prodotto sull'Olimpo per stabilire a chi spettasse il trono
di Zeus, Teti chiamò il centimane (Ecatonchiro) Briareo, che sciolse
velocemente tutti i nodi, liberando Zeus.Riporta infine Omero che Teti e
la ninfa Eurinome raccogliessero il piccolo Efesto, scaraventato in
mare dall'Olimpo da Era, quando si era resa conto di aver dato alla luce
un esserino gracile e bruttino.Nella grotta sottomarina delle due
ninfe, Efesto prese a fabbricare per loro ogni sorta di splendidi
monili; ammirando una spilla indossata da Teti, Era venne a conoscenza
delle prodigiose capacità di quel figlio che aveva tanto disprezzato; lo
ricondusse pertanto nell'Olimpo, gli allestì una fucina con ben venti
mantici che soffiavano notte e giorno e lo maritò ad Afrodite.